Fotografia © Elena Datrino
Oggi condivido il capitolo della mia storia che racconta come ho iniziato a leggere i Tarocchi, perché so con certezza di non essere l’unico ad aver avuto gli stessi pregiudizi sulle carte, prima di iniziare a leggerle. Solo sentir parlare di Tarocchi mi dava una sensazione particolare. Hai presente quando guardi un film dell’orrore o un programma TV sui misteri e sei così spaventato da non voler più guardare, ma al tempo stesso non riesci a spegnere lo schermo perché vuoi sapere la verità che c’è dietro la finzione? Cosa vuoi che sia – pensi – sarà tutto una montatura! Provi sentimenti contrastanti, ma ti ripeti che quel che stai guardando non è vero, per cui ti tranquillizzi e continui a guardare. Eppure quella sensazione resta. Fascinazione mista a repulsione.
Avevo sentito parlare la prima volta di Tarocchi a casa di una zia paterna, Angelina. Da piccolo passavo molto tempo da lei, in salotto aveva un libro sulla lettura della mano. Non sapeva bene perché l’avesse o se qualcuno in famiglia avesse certe abilità. Ero solo un bambino per cui capisco soltanto che i Tarocchi sono un gioco di carte, però diverso… strano. E che nessuno a casa sapeva giocarci, che peccato! Dicevano anche che era tutto un inganno, un modo come un altro per truffare la gente.
In quegli anni era molto popolare “La zingara” in TV, i Tarocchi per me diventano così soltanto “La luna neeera”! Quella zingara non era una vera gitana, lo sapevo anch’io, ma iniziavo a collegare quello che mi avevano detto: quel gioco era ancora una volta un inganno.
Crescendo, le uniche carte che avessi mai toccato erano quelle napoletane per il sette e mezzo e la briscola, e le francesi per scala quaranta. Tutte le mattine prima di entrare a scuola. Ovviamente si giocava senza un centesimo, non era azzardo, solo un passatempo.
Di tanto in tanto mi capitava di incontrare, al mercato del mio paese, qualche zingara che si proponeva di leggere le carte o la mia mano: non ho mai dato retta a nessuna di loro.
Devono passare un po’ di anni prima di trasferirmi per gli studi in un’altra città, lontano da casa. A diciotto anni mi ero già avvicinato molto agli studi esoterici, orientali e occidentali. Grazie a un libro, un sogno molto particolare e l’incontro con persone “magiche”, a diciannove anni avevo iniziato un percorso di indagine personale e di ricerca a livello emotivo, mentale e spirituale. In molti testi ritrovavo la simbologia dei Tarocchi, ma non me ne interessavo. Confesso che ne ero ancora spaventato. Eppure continuavano a bussare alla mia porta. Pubblicità sulle riviste, cartelli pubblicitari per la città, programmi TV, annunci su internet, ecc. Vedevo i Tarocchi dovunque. Ovviamente quello che vedevo riguardava spesso cartomanzia e divinazione, il metodo più conosciuto di lettura di Tarocchi e, purtroppo, il più diffuso.
Mi domandavo se questa costante presenza fosse un segno. Anche se più ne sentivo parlare e meno m’importava saperlo: non volevo essere “appeso”, né cadere da una “torre” colpita da un fulmine, né avvicinarmi alla mannaia di quella carta lì, quella più spaventosa di tutte… Come si chiamava? Ah, “la morte”! Ecco, questa forse era la più ricorrente nei messaggi che incontravo. La morte is the new la luna nera. Non nascondo che per un attimo ho sospettato di avere manie di persecuzione, tanto erano frequenti questi segni. Qualcuno mi aveva detto che si trattava di un momento di passaggio, ero solo “entrato in fissa”, poi sarebbe passata.
Tanto i Tarocchi non mi piacciono. Leggere il futuro non m’interessa. A che serve? (Attenzione, questo lo credo ancora!) Poi tutti parlano male delle carte. Le sanno leggere le zingare o qualcuno con doni particolari. Chissà se mia zia sapeva leggerli, in effetti, o se almeno sapeva leggere la mano! Inizio a credere che forse m’importava saperlo, che valeva la pena indagare.
Non passa molto tempo prima di ricevere le prime risposte, meno di un anno. Cambio città ancora una volta e inizio a lavorare in un centro olistico del benessere vicino a Milano. Nei weekend viaggio molto per lavoro per l’Italia con Pia, la mia titolare, amica e insegnante – uno di quegli incontri magici. Facciamo i volontari collaborando con un’importante azienda di organizzazione eventi di spiritualità e di crescita personale. Incontro così decine di personaggi internazionali che tengono seminari e corsi.
Avevo letto molti libri su quei temi, ma incontrare direttamente gli autori di antiche teorie e di tecniche nuove è una grande opportunità per me. Tra questi, anche un’esperta di angeli.
Ah! Che bello… penso. Gli angeli! Non so perché, ma credevo da sempre agli angeli. Sarà che da piccolo recitavo ogni sera una preghiera all’angelo custode? Sarà che questi essere alati li abbiamo sempre immaginati come nostri protettori e nostre guide celesti? Eppure sono uscito da un bel pezzo dal recinto della religione e non credo di avere ancora legami con il repertorio di immagini cattoliche. Non so perché ci credevo tanto, ma a quei tempi ero un palloncino che svolazzava per aria, legato a terra solo con un filo lungo e molto sottile.
Ad ogni modo, sono felice di trascorrere due giorni con un’esperta mondiale di angeli… Sono certo che da questa esperienza non posso che trarre messaggi positivi. La donna in questione, l’ultimo giorno di seminario, rivela che il suo prossimo libro in uscita non sarebbe stato sugli angeli, bensì di un mazzo di carte: i Tarocchi degli angeli. Non ci potevo credere! Con lei c’è un famoso tarologo che l’ha aiutata a produrre questo mazzo e insieme raccontano la storia del loro progetto. Non è esattamente come lo immaginavo, ma quel giorno un messaggio importante forse è arrivato. Finalmente i Tarocchi bussano alla mia porta con un’altra faccia! Oltre a essere delle carte molto belle, gli Arcani di questo mazzo – scopro che si chiamano così – portano nomi diversi da quelli nelle carte che avevo sempre visto: l’Appeso si chiama Osservazione, la Torre diventa l’Esperienza, la Morte è la Trasformazione. E poi sono tutte blu, luminose, scintillanti. Piene di angeli, arcobaleni e unicorni. Come possono non piacere?
Lo scopo degli autori del mazzo era far conoscere i Tarocchi bypassando i pregiudizi legati alla cattiva reputazione guadagnata nel tempo. E ci erano riusciti, almeno con me. Guardo queste carte, percepisco il fascino di sempre, ma senza la tipica repulsione che lo accompagnava. L’ambiente era quello ideale per iniziare a sperimentare: l’ultimo giorno di seminario aiuto l’addetto alle vendite al banco libri, posso finalmente avere le carte tra le mani, c’è un pubblico aperto e già interessato e desideroso di scoprirle, come me. Così mi lancio subito: “Pesca tre carte e ti dirò chi sei!” Chiedo a tutte le persone che si avvicinano al banco. Spinto da un’insolita sicurezza e dalla voglia di giocare e sperimentare, inizio – senza neanche rendermene conto – a leggere le carte. Ricevo molte conferme quel giorno: tutti si riconoscono nella lettura e mi ringraziano per i messaggi che trasmetto loro attraverso i Tarocchi.
Ma io non sapevo leggere le carte! Come ho iniziato a leggere i Tarocchi senza neanche conoscerli? Che cosa stava succedendo?
La titolare dell’organizzazione eventi, Sonia, mi ha regalato un mazzo di Tarocchi quel giorno, un po’ per riconoscenza, un po’ perché era evidente che stava iniziando a piacermi. A fine seminario ho l’occasione di parlare personalmente con i due esperti. Entrambi mi spingono a continuare su questa strada perché riconoscono un talento naturale nella lettura. Ovviamente non ho dato credito alle loro parole, loro stessi avevano dichiarato poco prima che le carte non sono strumento di divinazione o cartomanzia! Dicono che ogni carta rappresenta un archetipo, in altre parole un’idea innata presente a livello inconscio di ognuno di noi. Infatti, a prescindere dal loro nome, scopro che la simbologia di ogni Arcano richiama in noi dei significati profondi, scritti nella natura umana.
Mi raccontano che i Tarocchi sono un mezzo per attivare l’immaginazione e l’intuizione, per aprire nuove strade, ma soprattutto per scoprire nuovi punti di vista. Apprendo che se molte persone si sentono attratte dalle immagini dei Tarocchi, è perché quello che rappresentano è qualcosa che ci appartiene: la storia dell’essere umano.
I miei pregiudizi sui Tarocchi, costruiti negli anni tra zingare e lune nere, crollano nell’arco di quelle due giornate: finalmente cade il velo di mistero che giaceva attorno a questo strumento, scopro che indagare il futuro non è il principale scopo dei Tarocchi e che, anzi, è sconsigliato farlo per non limitare l’infinito ventaglio di opportunità che questi portano in ogni lettura.
Ha inizio, da quel momento, un intenso periodo di pratica, affidandomi alla sola intuizione mi lasciavo guidare alla scoperta del mondo dei Tarocchi, ma ero ancora molto lontano dal conoscere il vero potenziale di questo strumento.
Facciamo una pausa, adesso. Continua a leggere questa storia nel prossimo articolo.
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