Ancora single? Forse è meglio così…
Quando nel mio lavoro utilizzavo i Tarocchi, riscontravo che molte persone si rivolgevano a me perché in cerca della propria anima gemella. Il mio approccio, però, non aiuta a scoprire quando questa tanto agognata figura si manifesterà, ma può fornire indicazioni per cui ciò non accade.
“Voglio sapere quando arriva l’amore”, “Mi piacerebbe sapere se l’uomo/la donna che desidero ricambia il mio amore” oppure “Mi puoi dire se lui/lei tornerà?”. La mia risposta è sempre no. Non nel senso assoluto, ma “No, non ho la risposta a questa domanda”.
Voglio essere sincero con tutti, sin dal primo momento. A mio avviso, si tratta di qualcosa che nessuno può dire o rivelare. Però, ho imparato qualcosa di importante grazie a queste persone, qualcosa che voglio condividere con voi.
La domanda fondamentale: ma l’amore?
Di fronte a questa domanda mi ci sono trovato anch’io, anni fa. All’epoca pensavo che essere ancora single fosse un problema, ma ho compreso solo più avanti che ero disperato, sì, ma non perché fossi ancora single! Non avevo mai pensato a me stesso in una relazione di coppia, in verità, ma questa è un’altra storia… Non vi nascondo, però, che in alcuni momenti una parte di me credeva che sarei stato felice SOLO quando sarei stato in coppia.
Ho compreso che nella vita cerchiamo disperatamente l’altro perché riempia dei buchi, dei vuoti che abbiamo e che sentiamo dentro nell’anima. Anche quando ci diciamo che vogliamo qualcuno da amare, verso cui riversare il nostro bene incondizionato, forse nascondiamo il desiderio di essere ricambiati, riconosciuti e di essere il centro dell’attenzione e del desiderio dell’altro. E questo accade difficilmente.
L’altro, in amore, è davvero la risposta?
La verità è che anche quando si troverà un compagno o una compagna, alla fine torneremo sempre a noi, alle nostre vere esigenze, alla ricerca del nostro benessere. Vi faccio un esempio. Molte persone concentrano molte energia nella coppia fino al giorno del matrimonio. Che siano un mese, uno o dieci anni di relazione, va tutto bene. Dopo il matrimonio, invece, il declino. Perché accade questo? C’è chi pensa a un calo del desiderio dovuto al tempo che passa o che la convivenza e la quotidianità consumino l’energia della passione. Credo, invece, che al momento del matrimonio, in molti quantomeno, scatti un meccanismo automatico alla firma del “contratto”. Come una voce interna che si fa spazio tra le strade dei nostri pensieri e che recita: “Beh, adesso siamo apposto. Abbiamo concordato che tu stai con me. Ormai lo abbiamo dichiarato e sarai tu a riempire il mio vuoto, al posto mio. E io farò lo stesso con il tuo”. E solo da quel momento cominciano a dedicarsi finalmente a se stessi. Un po’ alla volta, dopo il matrimonio, finalmente ognuno inizia a prendere i propri spazi. Poi c’è chi resiste di più e aspetta di arrivare alla famosa crisi della mezza o della terza età per avere il permesso (o darsi la giustificazione) di fare dei cambiamenti importanti. Perdonate il francesismo, ma secondo me sono tutte balle!
Le crisi accadono a tutte le età, ci sono in tutte le tappe della nostra vita. La crisi è una parte del percorso, la crisi intesa come momento di prendere una decisione rispetto alla domanda “Vuoi continuare o vuoi cambiare?“. O meglio, per esteso: “Vuoi continuare a delegare la responsabilità della tua felicità all’altro oppure vuoi iniziare a occupartene tu?”.
Le possibilità ci sono sempre, a mio avviso sono opportunità quasi infinite, ma spesso tendiamo a ripetere il percorso di sempre, a perpetuare gli stessi errori perché è più facile fare come si è sempre fatto. O meglio, sembra meno doloroso.
Il problema del buco è semplice matematica
Quel vuoto che cercavamo di riempire, nel frattempo, è sempre rimasto lì. Ed è un problema di matematica:
Quante palline da golf ci vogliono per riempire completamente una buca di una data profondità?
Nessuna. Perché le palline possono anche riempire la buca fino a fuoriuscire, ma dentro resteranno degli spazi vuoti.
Se ci focalizziamo su noi stessi per capire cos’è questo vuoto che sentiamo, senza cercare qualcuno che possa riempirlo per noi, forse possiamo risparmiare anni di litigi, di relazioni nocive, di malesseri interiori e non, di matrimoni infelici, di terapie di coppia e di divorzi. E si risparmierebbero i soldi per gli avvocati e per il mantenimento. Scherzi a parte… sicuramente credo che risparmieremmo lo stesso finale a futuri figli che in questo caso crescerebbero sì con dei genitori, ma che forse non amano se stessi.
Il buco e il vuoto sono la stessa cosa?
Quel vuoto non è nell’anima e, soprattutto, non è irreparabile: è nel nostro corpo, nelle nostre cellule, nella nostra memoria, nelle immagini e nei ricordi della nostra storia. Noi non siamo la buca nel campo da golf, noi siamo tutto il campo! Ma c’è un motivo se ci hanno fatto con quella buca: è una porta d’accesso per gli altri, perché possano entrare in connessione profonda con noi. Quel buco è stato scavato da tutte le esperienze difficili della vita, come le perdite. Può essere che quel buco non sia da riempire: è un buco da scoprire e da utilizzare quando vogliamo far sbirciare agli altri dentro di noi, per mostrargli chi siamo davvero. A scavare il buco non sono solo le perdite, ma anche gli incontri che facciamo.
Che poi non siamo neanche solo il campo da golf, ma siamo tutto il terreno che c’è sotto e tutta l’aria che c’è sopra. E anche in quella buca qualcosa c’è e si chiama vuoto. E no, buco e vuoto non sono la stessa cosa. Il vuoto esiste, è l’aria che respiriamo, sono le emozioni che viviamo, le sensazioni invisibili che abbiamo e che percepiamo. Il vuoto è qualcosa che riempie, come la luce che riempie una stanza quando passa dalla finestra – un altro esempio di buco.
Qualcuno da amare…
Il vero obiettivo, forse, non è trovare qualcuno che ci ami, né qualcuno da amare. Forse quella è solo una scusa per rimandare quello che davvero siamo tenuti a fare: amare noi stessi, amare ogni parte del nostro campo da golf, buca compresa. In fondo, forse ce l’abbiamo già qualcuno verso cui riversare il nostro amore, in tutte le sue forme…
Tempo fa ho trovato un libro che si chiama proprio così, “Il buco”, scritto e illustrato da Anna Llenas (lo trovate a questo link). Non fatevi ingannare dalla copertina: sembra un libro per bambini, ma in realtà… lo è. Solo che è per bambini di tutte le età. Le illustrazioni di questo libro parlano direttamente al bambino che siamo sempre stati e che da sempre continua a vivere dentro di noi, anche se è un po’ cresciuto. Ve lo consiglio perché un’immagine, spesso, parla molto più di mille parole.
Ho tratto queste riflessioni sì dalle storie delle persone che ho incontrato, come vi dicevo, ma soprattutto ve lo racconto dalla mia personale, umile e soggettiva esperienza come individuo.
La realizzazione personale è sempre stato il mio grande obiettivo. Non si è mai trattato solo di realizzarsi nel lavoro o nella relazione di coppia, quindi nella famiglia. Quando ho iniziato a comprendere che non potevo avere nulla di tutto questo senza prima essere felice per primo, ho deciso di mettermi al primo posto e di avviarmi nel cammini verso la risoluzione della mia ferita emozionale più grande.
“La risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto”
Quello che ho compreso, almeno finora, è che ciò che mi aveva segnato di più nell’infanzia era la mia sensazione di non essere stato un figlio desiderato. Non era solo una sensazione. Mi era bastato ascoltare, da piccolo, una conversazione tra i miei genitori e venire a sapere che non ero stato voluto, perché sono stato un “imprevisto”. Quelle parole, ascoltate da bambino, non mi facevano riconoscere tutto l’amore che stavo ricevendo e in cui sono cresciuto, perché si era innestato dentro di me il pensiero fisso di non essere stato desiderato. Un pensiero che automaticamente veniva confermato e si avverava ogni volta che ricevevo un piccolo no. Solo che per comprenderlo mi ci sono voluti anni. Nel frattempo cercavo l’accettazione dei miei genitori attraverso gli altri, cercando di fare il diverso a tutti i costi, quasi per sfidare gli altri dicendo “Vediamo se così mi vuoi bene lo stesso”. Banalmente, lo esprimevo anche con i miei gusti: quando ero un ragazzino e tutti prendevano da bere la coca cola, io sceglievo un the freddo; poi da adolescente tutti ordinavano la birra, mentre io pur di distinguermi sceglievo un super-alcolico, anche se non mi piaceva. Chiaramente non lo facevo di proposito, ma facevo il diverso all’interno dei gruppi, per vedere se gli altri mi avrebbero amato lo stesso o se invece mi avrebbero rifiutato anche loro. Ma la scelta dei gusti differenti non è finita qui. Che identità mi sono “scelto” crescendo? Nelle relazioni mi sono innamorato di un uomo, mentre nel lavoro, al principio, ho scelto la via dei Tarocchi. Ciò che avevo scelto per esprimere me stesso nel mondo era qualcosa socialmente ancora poco accettato. O meglio, sono tutte situazioni per cui bisogna passare attraverso l’accettazione degli altri per affermarsi. E indovinate un po’? Al contrario di ogni aspettativa o pregiudizio, ho trovato sempre le porte aperte!
Quando ho compreso che le persone da cui volevo sentirmi accettato e voluto erano i miei genitori, ho smesso di cercare l’accettazione fuori di me. E non mi è servito parlare direttamente con loro per sentirmi dire “Ti amiamo e ti abbiamo sempre voluto”, ma riconoscere l’amore che c’è sempre stato e che non avevo visto e, soprattutto, smettere di agganciarmi all’illusione di non essere voluto dagli altri. Non ero stato solo un imprevisto come ho sempre creduto. Ho scoperto che per i miei genitori, sono “piovuto dal cielo” nella loro vita, come un dono. Questa è la loro versione, ma dovevo capirlo soltanto io. Perché la paura che mantiene aperto il nostro buco – e ci fa sentire il vuoto come una mancanza – esiste solo dentro di noi.
Il mondo è già pronto ad amarci se noi decidiamo di fare lo stesso con noi. Soprattutto quando decidiamo che ad amare noi stessi ci pensiamo noi soltanto e non è compito del mondo, né della nostra anima gemella.
Perché essere ancora single, allora, è meglio?
Il titolo del post ovviamente vuole essere una provocazione. È attraverso gli altri che ci sperimentiamo nei vari ambiti della vita, credo che non siamo stati creati per essere soli. C’è sempre qualcuno pronto ad amarci, qualcuno da scegliere con cui condividere la nostra vita. Chi viene prima di ogni altra cosa e di ogni altra persona, però, siamo noi. Non basteranno gli altri per colmare le nostre mancanze, torneremo sempre a noi stessi. Anche quando chiudiamo gli occhi per andare nel mondo dei sogni, dietro le palpebre che si chiudono non c’è nessun altro oltre a noi. Ed è una benedizione, perché siamo gli unici ad aver il potere di auto-guarirci. Di esserci per noi stessi. E se non ce la facciamo da soli, piuttosto che usare gli altri per riempire il nostro buco, chiediamo aiuto! Ecco perché non bisogna disperarsi quando siamo soli, perché che siamo ancora single o in coppia, è importante focalizzare le proprie energie per essere persone libere emotivamente, materialmente, intellettivamente e spiritualmente.
Credo che il nostro potenziale più grande si nasconda proprio dentro quel buco: ciò che amiamo meno di noi stessi, gli aspetti di noi che abbiamo paura di mostrare agli altri, in realtà, possono rivelarsi il nostro strumento di maggiore forza. Il mio bisogno di accettazione e di sapere di essere voluto, per esempio, mi ha portato a capire che posso fare qualunque cosa ed essere chiunque voglia essere, se prima amo e accetto me stesso in tutte le mie forme, buco compreso.
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Alberto
5 commenti
Ros
11 maggio 2018 at 15:28Grande! Grazie per tutta la verità con cui indichi nitidamente la strada per l’amore ❤️
Alberto
11 maggio 2018 at 17:34Grazie a te Rosanna, che ascolti sempre con il cuore! Io ci metto solo il mio punto di vista, con qualche tocco di magia <3
Grazia
13 maggio 2018 at 09:06❤
Alberto
14 maggio 2018 at 09:27Grazie per averlo letto! ❤
Alessandro
1 gennaio 2022 at 00:10Bellissime le tue parole. Faccio comunque lo stesso molta fatica a portare le parole alla pratica. E la mia vita ne risente purtroppo, vivendola male.